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A cura di Alberto Puggioni

L'irrigazione a goccia dell'actinidia

L'actinidia o kiwi (Actinidia chinensis) vive un momento di rinascita dopo la pesante fase di espianto legata alla batteriosi (Psa - Pseudomonas syringae pv. actinidiae) che ha flagellato l'economia e l'immagine di questa coltura. La chiave del rilancio del kiwi passa dal progresso tecnico, scientifico e agronomico. Il controllo delle variabili agronomiche, irrigazione in primis, è oggi lo strumento principale per affrontare il percorso, per riconsegnare all'Italia quel ruolo di leader mondiale della produzione storicamente ricoperto dal nostro Paese.



Inoltre, un recente studio dell'Università della Tuscia afferma che i frutti prodotti in Italia non trasmettono il patogeno (cfr. FreshPlaza del 24/11/2014): questo risulta infatti del tutto incapace di sopravvivere sui frutti sia durante le fasi di sviluppo in pieno campo, sia nella fase di conservazione, anche se gli stessi frutti di kiwi provengono da impianti dove la batteriosi è presente con differenti livelli d'incidenza.

Tra le variabili agronomiche va sottolineata l'importante funzione di una corretta restituzione irrigua. Il ruolo dell'irrigazione, e quindi le dinamiche fisiologiche legate all'acqua, fa da cardine a tutte le altre pratiche; la coltura è esigente dal punto di vista irriguo e sotto stress idrico risulta indebolita e soggetta a problemi di carattere fitosanitario. Sebbene l'actinidia sia caratterizzata da una superficie totale delle foglie media, ha un fabbisogno irriguo elevato.



Non è tanto l'apparato fogliare, la cui superficie è simile a quella di altri fruttiferi, quanto il lento sviluppo dell'apparato radicale a fare dell'actinidia una coltura particolare dal punto di vista irriguo. Nel primo decennio di vita l'apparato radicale si accresce lentamente e il volume che esplora è molto superficiale e poco profondo. Una delle prerogative della micro irrigazione è proprio quella di localizzare presso l'apparato radicale la restituzione irrigua bagnando in maniera controllata e volontaria il volume necessario grazie alla grande uniformità di distribuzione e alla diffusione lenta nel terreno dell'acqua. Proprio a causa del limitato volume di terreno esplorato, risulta molto sensibile alla carenza idrica o nutrizionale se non si adotta una corretta tecnica di distribuzione dell'acqua e dei concimi.



La pratica della fertirrigazione sfrutta i benefici intrinseci dell'irrigazione a goccia per veicolare i nutrienti già solubilizzati, prontamente assorbibili e commisurati ai fabbisogni progressivi dell'actinidia. Le evidenze sperimentali sottolineano la grande efficienza dell'actinidia nello sfruttare l'acqua che le viene messa a disposizione. D'altronde non può essere allo stesso tempo efficiente e resistente allo stress, poiché i meccanismi che le piante mettono in atto per resistere alla siccità comportano come conseguenza una minore capacità di recupero in presenza di abbondante risorsa idrica. Gli effetti dell'irrigazione a goccia sono importanti: incrementi produttivi sia in termini di resa, che di qualità del prodotto.

Il fabbisogno irriguo della coltura non è costante durante il ciclo produttivo. L'aumentato fabbisogno idrico legato alla fruttificazione unitamente alle più sfavorevoli condizioni climatiche, può facilmente mettere in crisi la coltura. La sperimentazione ha messo a punto i coefficienti colturali (Kc) da adottarsi nell'area climatica Italiana per una gestione irrigua che tenga conto delle esigenze della coltura nelle diverse fasi di sviluppo (fenologiche). I Kc o coefficienti colturali sono fattori di correzione da moltiplicare per il valore di Evapotraspirato Et0 dell'area in esame per un dato periodo (giorni, settimane, mesi). Da questi assunti nasce la proposta dei Kc suggeriti su base mensile.



In aprile corrisponde a 0.5; a maggio 0.7; in giugno 0.8; da luglio a settembre 1.2; ottobre 0,9. Il volume irriguo distribuito può raggiungere per esempio in un'annata mediamente siccitosa i 3.500-4000 m3 / ha. Il posizionamento di ali gocciolanti su filo ha avuto diffusione prima che si manifestasse il problema della batteriosi e oggi può essere definita una tecnica consolidata.

Il passo (distanza tra i gocciolatori) consigliato è studiato in funzione della densità di piante sulla fila e sulle caratteristiche del suolo; uno dei maggiormente utilizzati è il passo 60 cm. Il dimensionamento terrà conto del picco di fabbisogno estivo e della capacità di restituire acqua nell'unità di tempo per una gestione ottimale dei settori. Per l'applicazione su actinidia i prodotti maggiormente usati sono l'Uniram o il DripNet, entrambi autocompensanti (erogano tutti la medesima portata entro un campo definito di pressione di lavoro). Le portate sono comprese tra 1 e 2,3 litri/ora.

Queste caratteristiche del sistema Netafim garantiscono la migliore uniformità di erogazione a goccia presente oggi sul mercato. Una gestione irrigua così concepita permette di ottenere rese elevate con una buona concentrazione della produzione nelle classi superiori. La quota di produzione di seconda scelta, pur in assenza di interventi che migliorino l'impollinazione, resta contenuta al 10% circa del totale. Le esperienze a goccia su actinidia hanno ormai quasi 15 anni e si propongono oggi come strumento tecnico per ottenere produzioni importanti e reddito per le aziende frutticole.

Per approfondimenti:

Kiwi e Psa: dimostrato che i frutti Made in Italy non trasmettono il patogeno

Contatti:
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Web: www.netafim.it
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