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Nel mondo 6 milioni di ettari sono coltivati con varieta' biotech

Il Servizio internazionale per l'acquisizione delle applicazioni agro-biotecnologiche (ISAAA), organizzazione no profit composta da diverse associazioni del settore pubblico e privato, ha presentato l'ultimo rapporto sullo stato delle colture biotech nel mondo.

La commercializzazione delle colture biotech è iniziata nel 1996 e, da allora, la crescita è stata vertiginosa sia in termini di ettari impiegati, sia in termini di paesi coinvolti

Nel 2014 si è registrato un aumento: si è infatti passati dai 5 milioni di ettari a coltivazione biotech del 2013 ai 6 milioni di ettari del 2014, con un tasso medio di crescita che si aggira attorno al 3%. Anche il numero dei paesi che utilizzano la tecnologia biotech è cresciuto enormemente, passando dai 6 del 1996 a ben 28.



Ad aumentare sono anche gli agricoltori che decidono di avvicinarsi a queste tipologie di coltivazioni. Dei 18 milioni di produttori biotech registrati nel 2014, il 90% hanno aziende di piccola dimensione e operano in paesi poveri.

Le coltivazioni biotech stanno cominciando a diffondersi anche in paesi come il Bangladesh che, grazie alle lungimiranti politiche governative, ha potuto avviare la produzione di melanzane biotech, raccogliendo enormi successi.

Nel 2014, inoltre, negli Stati Uniti d'America è stata introdotta la coltura biotech della patata Innate. L'Indonesia ha invece approvato la coltivazione biotech della canna da zucchero resistente alla siccità e il Vietnam quella del mais.

I primi paesi a piantare colture biotech sono stati gli Stati Uniti d'America, che continuano a essere leader, con oltre 73 milioni di ettari coltivati (il 40% del totale). Occupa una buona posizione anche il Brasile, seguito dall'Argentina con 24,3 milioni di ettari. Poi troviamo l'India con 11,6 milioni ettari e il Canada.

Il continente africano ha invece continuato a registrare successi in materia di coltivazioni biotech anche se la siccità ha determinato un lieve calo produttivo, portando gli ettari biotech a 2,7 milioni. In questi paesi si sta puntando al progetto WEMA, per la realizzazione di una coltura biotech resistente alla siccità e agli insetti. Il progetto dovrebbe partire nel 2017.

Per quanto riguarda l'Unione Europea, nel 2014 si è registrato un aumento di colture biotech di circa il 3% rispetto al 2013.

In base ai più recenti studi, l'adozione della tecnologia biotech ha ridotto l'uso di pesticidi chimici del 37%, aumentato i raccolti del 22% e incrementato i profitti degli agricoltori del 68%. Gli ultimi dati provvisori relativi all'intero periodo 1996-2013 hanno dimostrato che le colture biotech hanno contribuito alla sicurezza alimentare, alla sostenibilità ambientale e offerto un aiuto per contrastare i cambiamenti climatici e la fame nel mondo.

E' comunque doveroso considerare che, anche se le colture biotecnologiche sono essenziali per talune aree, è necessario abbinarle sempre alle buone pratiche agricole come la rotazione e l'utilizzo di tecniche per aumentare la resistenza della pianta, se si vuole davvero raggiungere il massimo risultato.

Rielaborazione FreshPlaza su fonte: www.isaaa.org