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Presentati a Cuneo i primi importanti risultati della ricerca sul fronte salutistico in risposta alle indicazioni dell'Efsa

La mela fa bene, parola di Ager Melo

Durante la tavola rotonda moderata da FreshPlaza nell'ambito del convegno conclusivo di Ager Melo, lo scorso 6 novembre a Cuneo, Riccardo Velasco, direttore del Dipartimento di Genomica e biologia delle piante dal frutto della Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all'Adige (TN) e coordinatore del progetto, Fulvio Mattivi, a capo del Dipartimento di Qualità alimentare e Nutrizione della FEM, e Alessandro Botton, ricercatore presso il Dipartimento Dafnae dell'Università di Padova, hanno presentato i principali risultati ottenuti nell'ambito del progetto da un punto di vista salutistico e nutrizionale. Risultati che saranno estesamente trattati nel convegno in programma a San Michele all'Adige nel febbraio 2015.



Come sottolineato da Velasco, in Ager Melo sono stati affrontati tutti gli aspetti della filiera: la genetica, con la messa a punto del microchip-DNA che consente di fare mappe genetiche dense in poche settimane; la selezione di varietà resistenti alla ticchiolatura e auto-diradanti per una frutticoltura più sostenibile; la valutazione in tempo reale dell'accrescimento del frutto e la previsione della sua pezzatura alla raccolta; la gestione dell'epoca di raccolta in funzione della qualità commerciale e nutrizionale, tenendo conto anche degli allergeni, della conservazione e della vendibilità della mela come prodotto salutare.

"L'attività di miglioramento genetico svolta da FEM, CReSO e Università di Bologna - ha detto Velasco - nei prossimi 10-20 anni probabilmente permetterà di introdurre sul mercato nuove varietà di mela a velocità esponenziale e il nuovo materiale a disposizione raggiungerà un livello di gradimento decisamente superiore a quello raggiunto finora".


Da sinistra, Botton, Velasco e Mattivi. (Foto E. Fontana).

La farmacologia ci insegna che sono le dosi a modulare gli effetti positivi e (eventualmente) negativi. "Tra i tanti effetti salutistici della mela - ha spiegato Mattivi - ora va capito a quali composti vadano attribuiti, e quale assunzione sia ottimale per avere gli effetti benefici desiderati. Che non saranno gli stessi per tutti, ma dipenderanno dal tipo di rischio e profilo individuale".

Raramente c'è stato, come nel caso di Ager Melo, un ragionamento utile all'intera comunità di produttori: "Quale mela, consumata in quali quantità, a chi e perché può fare bene?" sono domande comuni a tutti i produttori e che richiedono un approccio trasversale.

Dal punto di vista nutrizionale, una prima domanda che il progetto Ager Melo ha affrontato è stata: "Se il frutto fosse decisamente più ricco nel fitocomplesso dei polifenoli, questi composti sarebbero biodisponibili?". E la risposta è positiva: a un incremento della concentrazione nella mela corrisponde un incremento nei fluidi biologici dimostrato in-vivo. Dunque, davvero noi "siamo quello che mangiamo".

Un secondo studio condotto in Ager ha voluto dimostrare se la mela sia in grado di migliorare il profilo lipidico, la salute vascolare e intestinale e ricercare uno stretto legame con le modalità di assunzione (cultivar, quantità, durata). Inoltre ha investigato il meccanismo di azione, cercando di capire quali composti della mela possano essere più importanti per persone con questo specifico fattore di rischio.

Infatti, solo ricercando una più profonda comprensione di quali siano i composti della mela accreditati di proprietà benefiche (e dimostrando quali dosi siano necessarie per poter attendersi un effetto positivo) possiamo avere le conoscenze scientifiche validate richieste dall'Efsa, l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, e necessarie per informare correttamente il consumatore.

Attualmente, questa conoscenza è attivamente investigata e utilizzata da varie industrie alimentari, ma non ancora dagli agricoltori e dai loro consorzi. Ager Melo ha consentito di avviare un simile approccio, che potrebbe generare conoscenze utili sia per i produttori che per i consumatori. L'auspicio è di individuare "ideotipi compositivi ottimali" di mela che possano essere inseriti nei futuri programmi di miglioramento genetico per incrocio, e anche avere utili informazioni sulle più appropriate modalità di consumo della mela, idonee a ottenerne i desiderati effetti salutistici.


Alessandro Botton, a sinistra, e Riccardo Velasco. (Foto E. Fontana).

Le allergie alimentari riguardano il 2-3% della popolazione adulta - e fino al 7% dei bambini - ma soprattutto rappresentano un deterrente verso il consumo di tutti quegli alimenti che possono portare benefici significativi alla salute grazie al loro valore nutraceutico. E la mela rientra proprio tra questi alimenti. Così, Ager Melo si è occupato anche di allergeni riunendo medici, biochimici, biotecnologi e agronomi in un unico team di ricerca.

Su questo fronte, ha illustrato Botton, sono stati posti due interrogativi. Innanzitutto la variabilità biologica: perché cercare di eliminare gli allergeni dal frutto, quando questi non sono solo fonte di allergie, ma svolgono anche funzioni biologiche fondamentali nell’albero, come i meccanismi di difesa o l'azione ormonale? Non è meglio cercare varianti naturalmente presenti nelle numerose varietà di melo che non siano allergiche, o che lo siano meno, e poi vedere se utilizzare quel materiale vegetale per ricavarne delle nuove varietà ipoallergeniche? Ecco perché è stata studiata l'allergenicità di ben 24 cultivar di melo.

In secondo luogo, le operazioni di raccolta (dal riporre il frutto nella cassetta, al versare la cassetta nei bin, alla calibrazione dei frutti) possono influenzare l'allergenicità dei frutti? E la loro conservazione può mitigare questi effetti? Questi studi non sono ancora conclusi e bisognerà aspettare il convegno di febbraio per saperne di più.

Un altro degli aspetti studiati da Ager Melo sui quali c'è riserbo, riguarda la relazione tra qualità e quantità. Ovvero, quanto bisogna rinunciare alla quantità nella melicoltura, per avere una qualità ottimale e una continuità produttiva adeguata alle esigenze di un'azienda moderna? E, ancora, è sempre vera l'equivalenza "mela grande = mela più buona e che fa più bene"?

Insomma, come osservato da Riccardo Velasco, "due più due non fa sempre e solo quattro ma, in alcuni casi, anche cinque". Vale a dire: il progetto Ager ha fornito ai sei istituti partecipanti (UniBo, UniMi, UniPd, UniUd, FEM e CReSO) un forte supporto logistico. E, favorendo l'interazione tra le istituzioni coinvolte, ha portato a nuove sinergie che hanno permesso di produrre più di quello che si poteva fare singolarmente, posizionando così l'Italia nel contesto internazionale come uno dei principali protagonisti delle attività di ricerca, soprattutto sul melo.