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Agricoltura urbana e verticale: il progetto dello studio OVA

Il crescente interesse da parte dei mass media e dei designer verso la nuova frontiera dell'agricoltura urbana e verticale non si è purtroppo ancora tradotta in un effettivo aumento di progetti realizzati per aree da adibire a questo tipo di sperimentazione.



Vi sono comunque delle eccezioni che, negli ultimi tempi, stanno prendendo sempre più piede.

Tra queste vi è la proposta di OVA, uno studio che sta cercando di spingere sul mercato una versione modulare di serre verticali. Per far ciò, OVA sta puntando ad ottenere dei finanziamenti che potrebbero essere utili alla realizzazione di un prototipo.

Il concetto su cui poggia l'agricoltura verticale è quello di creare torri di produzione nelle zone in cui la domanda di cibo è più alta e quindi nel centro delle città. Riuscire a spostarsi dal suolo ad altri spazi adibiti alla coltivazione significa risparmiare moltissime risorse.

Ad oggi, le ipotesi di edifici da adibire all'agricoltura verticale risultano assai costose, come pure ingenti sono i costi di coltivazione.

La proposta dello studio OVA mira proprio ad abbattere i costi: l'idea è quella di partire con una struttura base composta da un modulo di calcestruzzo inserito all'interno di un grande telaio di acciaio. Si andrebbe poi a creare una griglia contenente diverse celle aperte dove container attrezzati potrebbero introdursi per fornire tutti i servizi necessari, a seconda delle esigenze.

Questo progetto presenta una serie di vantaggi: in primo luogo, la struttura modulare permette una scalabilità della stessa, fornendo un valido aiuto per quanto riguarda i costi iniziali che potrebbero essere in tal modo distribuiti in più fasi.

Invece di concentrare grandi risorse su un progetto unico, si partirebbe con la costruzione di strutture più piccole indipendenti, da assemblare poi tra loro, in base alle esigenze. La possibilità di modificare i contenitori che, come già detto, non devono essere realizzati tutti insieme, permette inoltre di apportare le dovute modifiche in base alla domanda dei consumatori.

Il progetto dello studio OVA è in un certo senso simile a quello della Intercontinental che, al di fuori della struttura centrale, prevede la presenza di altre aree per la produzione di energia, di acqua e di altri servizi necessari alla coltivazione.

Questi modelli di fattoria interconnessi hanno delle potenzialità enormi se si considera che viaggiano verso l'obiettivo dell'autosufficienza, puntando quindi ad una importante riduzione dei costi con un conseguente probabile aumento dei profitti.

Una delle prime sperimentazioni in questo campo si deve al professore Choi Kyu Hong che a Suwon, in Corea del Sud, il quale realizzato una fattoria verticale urbana autonoma, che non necessita di terreno ma di energia.

Tra le proposte più semplici è possibile invece ricordare quella di due creativi di San Diego: Mark DeMitchell e Mike Tarzian. I due hanno inventato un sistema di orto che utilizza dei semplici tubi in pvc. La struttura verticale è composta da pali di legno intorno a cui vengono fissati dei tubi: i condotti hanno dei buchi dove vengono poste a dimora le piantine da orto. Il tutto non prevede l'utilizzo di terra.

A Singapore, invece, è stato sperimentato un sistema di coltivazione verticale alto 6 metri e rotante alla velocità di un millimetro al secondo (per consentire l'illuminazione solare di tutte le piante). Secondo le autorità locali, il sistema potrebbe in futuro provvedere al 10% dell'intera produzione di ortaggi a foglia di Singapore.

Elaborazione FreshPlaza su fonte SustainableCitiesCollective.com