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Diradamento meccanico dei fiori di melo e architettura del meleto

Per ottenere frutta di qualità occorre regolare correttamente il carico produttivo. Si definisce il potenziale produttivo dell'impianto, si sceglie il set di calibri desiderati. Si calcola così il numero di frutti/pianta.

Nella foto a destra: macchina diradante in azione

Il Progetto "AGER – qualità della mela" ha studiato in questi anni le diverse strategie per diradare i fiori o i frutticini: dalle nuove tipologie varietali autodiradanti (Università di Padova), all'impiego di nuovi fitoregolatori, al diradamento meccanico (CReSO – Centro di ricerca per l'ortofrutticoltura piemontese e Dipsa dell'Università di Bologna).

Le sostanze diradanti oggi utilizzate non garantiscono un'efficacia costante. Le condizioni meteo post-intervento, insieme ad altre variabili di tipo operativo possono compromettere la riuscita del diradamento. In questo caso i costi del "recupero" manuale salgono alle stelle, mentre viene meno l'effetto positivo sulla pezzatura dei frutti.

Per questo il diradamento meccanico sta riscuotendo un interesse crescente. Introdotto in Italia da più di un decennio, è stato studiato in Alto Adige e Trentino e, dal 2008, in Piemonte. Si esegue con una macchina costituita da una spazzola rotante che, agendo sulla vegetazione in piena fioritura, asporta una parte dei fiori. La capostipite è la Darwin®, ideata da una ditta meccanica del lago di Costanza. Oggi, a brevetto scaduto, sono sul mercato numerose nuove attrezzature che si basano sullo stesso principio.

Nell'ambito del Progetto "AGER – qualità della mela", il Creso – Centro di ricerca per l'ortofrutticoltura piemontese e il Dipsa dell'Università di Bologna hanno messo a punto i parametri operativi nei diversi ambienti (pianura padana, altipiano piemontese, vallate alpine del nord-est) e nelle diverse circostanze: varietà, forme di allevamento, distanze di impianto, etc.

La macchina diradante è stata saggiata su tre varietà (Gala, Red Delicious, Fuji,) con diverse architetture di impianto e variando i parametri operativi dell'operazione di diradamento: velocità di avanzamento della trattrice e numero di giri al minuto della spazzola rotante. Infatti, la corretta regolazione del carico fiorale è l'espressione della combinazione ideale dei due fattori.


Mazzetto fiorale dopo il passaggio della macchina

Guglielmo Costa dell'Università di Bologna commenta così i risultati: "L'intervento meccanico, sia con la Darwin® sia con i nuovi prototipi, è in grado di centrare il carico-obiettivo in termini di frutti/pianta (da 300 frutti del testimone a 120 – 160 frutti/pianta, secondo la varietà e della tipologia di impianto), limitando fino ad azzerare l'intervento di rifinitura manuale. Il vantaggio del diradamento meccanico è di essere indipendente dalle condizioni meteorologiche. Permette inoltre di valutare istantaneamente l'effetto diradante, con la possibilità di adattare al meglio la macchina alle condizioni di campo".


Aumento del peso medio alla raccolta su Red Chief nelle tesi del diradamento meccanico

Osserva Alessio Pavarino del Creso: "Tali risultati si ottengono sugli impianti "a parete sottile" (larghezza inferiore a 1,60 m), indipendentemente dalle varietà saggiate. In questo caso i flagelli penetrano fino al centro della chioma, con un'azione diradante omogenea tra la parte esterna e interna. Le indicazioni per l'uso sono le seguenti: velocità di avanzamento della trattrice compresa tra 6 e 7 Km/h e velocità di rotazione della spazzola compresa tra 220 e 240 rpm".

Viceversa, man mano che la parete si inspessisce, il funzionamento della Darwin viene meno. L'esterno della chioma tende ad essere sovradiradato e l'interno richiede invece ulteriori interventi manuali o con fitoregolatori. Questa situazione si riscontra nella maggior parte dei meleti realizzati in Piemonte prima del 2008, progettati secondo i rigidi criteri della forma Solaxe e gestiti in "conduite centrifugue" (potatura centrifuga, con le branche lunghe che si protendono nell'interfilare). Sono state fatte prove di progressiva trasformazione delle forme tradizionali, con interventi di potatura che sopprimano gradualmente le lunghe branche, sostituendole con formazioni fruttifere più corte.


Effetto del diradamento sul ritorno a fiore su Fuji

"Chiarite definitivamente le potenzialità del diradamento meccanico – conclude Graziano Vittone del Creso – occorre far convergere l'architettura del meleto verso la meccanizzabilità delle operazioni colturali, a partire dal diradamento. Le piante biasse o pluriasse, eccetto che nelle condizioni di reimpianto che espongono le piante al deperimento, sono di aiuto a formare una parete fruttifera che si interfacci con la meccanizzazione delle operazioni colturali".

Contatti:
Silvio Pellegrino – CReSO – Centro Ricerca e Sperimentazione per l'Ortofrutticoltura piemontese - Web: www.cresoricerca.it
Marco Zibordi – DIPSA – Dipartimento di Scienze Agrarie, Università di Bologna
Progetto Ager: www.progettoager.it
Canale Youtube AgerMelo: www.youtube.com/user/agermelo
Data di pubblicazione: