AOP CIO Parma: la nuova PAC mette a rischio il futuro del pomodoro da industria
Al termine dell'assemblea il Presidente Marco Crotti ha sottolineato che "si è conclusa positivamente un'annata particolarmente complicata per molti produttori di pomodoro da industria, nella quale i nostri 600 soci hanno coltivato circa 10.000 ettari ed hanno raccolto più di 650.000 tonnellate di pomodoro fresco, quindi più di 1/3 della produzione fatta registrare dal distretto produttivo del nord Italia. La nuova campagna - ha proseguito Crotti - è iniziata sotto i migliori auspici: le operazioni di trapianto, agevolate dalle ottime condizioni climatiche stanno procedendo a pieno regime, il mercato dei trasformati risente positivamente della mancanza di scorte, quindi le speranze per una buona campagna hanno tutte le ragioni di esistere sia per i produttori e sia per i trasformatori".
"Un'ombra molto preoccupante - ha soggiunto Crotti - sta però per investire l'intero comparto italiano del pomodoro. Pare che il Governo Italiano infatti abbia deciso di escludere il settore del pomodoro da industria dalla possibilità di accedere agli aiuti accoppiati previsti dalla nuova Politica Agricola Comune. Nella rimodulazione degli aiuti comunitari disaccoppiati i produttori di pomodoro, in particolare quelli delle aree storicamente vocate, sono quelli più penalizzati".
"Proprio per questo altri paesi europei come Spagna e Portogallo hanno già deciso di inerire il pomodoro tra le colture interessate ad un aiuto accoppiato. Se l'Italia non adotterà le stesse con ogni probabilità si assisterà al declino definitivo della coltivazione del pomodoro italiano, che ricordiamo essere una delle filiere più importanti e riconosciute nel mondo. (60.000 ha coltivati, 4,8 milioni di tonnellate di materia prima trasformate, oltre 3 miliardi di Euro di fatturato prodotto, decine di migliaia di occupati tra agricoltura, industria e servizi)".
"Infatti - ha spiegato Crotti - attualmente i nostri costi di produzione sono tra i più alti; in alcuni casi superano del 20% quelli dei produttori di altri paesi, ma dietro questi costi c'è una storia e una tradizione di coltivazioni rispettose dell'ambiente e della salute del consumatore che non hanno eguali in nessuna parte del mondo. Purtroppo la nostra competitività spesso è limitata da questi maggiori costi e lo sarà ancora di più se altri produttori europei avessero accesso ad aiuti comunitari accoppiati ai quali noi non potremo avere accesso a causa di una decisione nazionale".