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Le analisi di Marco Salvi e Salvo Laudani

Le indicazioni di Fruitimprese per la crescita del sistema ortofrutticolo siciliano (e nazionale)

Al convegno "Prospettive delle imprese ortofrutticole siciliane alla luce della nuova PAC" organizzato da Fruitimprese e Confagricoltura il 5 aprile scorso a Catania, e moderato da FreshPlaza, l'Associazione delle imprese degli operatori di import-export ha messo in luce interessanti indicazioni sulla possibile crescita del sistema ortofrutticolo nazionale, e siciliano in particolare (cfr. FreshPlaza del 07/04/2014).

L'attuale situazione dei flussi commerciali

Il presidente nazionale di Fruitimprese, Marco Salvi, ha illustrato i dati 2013 sull'interscambio dei principali prodotti ortofrutticoli, con particolare attenzione per per le specie coltivate in Sicilia.


Nel grafico, è evidenziato il calo nell'export ortofrutticolo italiano sia verso l'UE (3,34 milioni di ton, -3,6% sul 2012) che nel resto del mondo (530.000 ton, -23%). (Elaborazioni Fruitimprese su dati Istat).

A conferma di una scarsa competitività del sistema Italia, il nostro saldo commerciale ortofrutticolo con l'estero si presenta negativo.

Arance
Per le arance, ha sottolineato il presidente di Fruitmprese, la produzione è stabile a circa 110.000 ton: un quantitativo comunque irrisorio rispetto ai nostri diretti concorrenti, come la Spagna. Con l'export che vale appena il 7% del totale, per un valore che supera di poco gli 80 milioni di euro (vedi grafico qui sotto).


L'export nazionale di arance (110.000 ton) rappresenta appena il 7% della nostra produzione. La Spagna è capofila con oltre 1,6 milioni di ton.

In crescita costante, invece, l'import (vedi grafico qui sotto), che ha superato le 200.000 tonnellate, pari a circa 110 milioni di euro.



Uva da tavola
Anche per l'uva da tavola gli operatori commerciali italiani devono fare i conti con una sempre maggiore concorrenza spagnola e greca e con un calo dei consumi del 3-4% annuo.

Nonostante ciò, l'anno scorso il 45% della produzione è stato destinato all'estero, poco meno di 500.000 ton, leggermente in crescita rispetto al 2012. Trend positivo anche in termini di valore, che però non arriva ai 600 milioni di euro (vedi grafico qui sotto).



Pesche e nettarine
Per pesche e nettarine, Salvi ha evidenziato come l'export si fermi al 20% della produzione totale: 290.000 ton, per un valore di poco superiore ai 250 milioni di euro (vedi grafico sottostante).

Intanto, Spagna e Grecia esportano quote percentuali doppie, se non triple, rispetto a quelle italiane.



Frutta secca
Stabile l'andamento dell'export di frutta secca (vedi grafico qui sotto). Nel 2013 il nostro Paese ha esportato 50.000 tonnellate con un deciso aumento in termini di valore, attestato sui 300 milioni di euro.



Purtroppo, anche le importazioni crescono in modo significativo, soprattutto in termini di valore (più di 800 milioni di euro), oltre che di volumi, con quasi 190.000 ton (vedi grafico qui sotto).


Pomodoro da mensa
Anche per il pomodoro da mensa, tipica produzione della Trinacria, il trend non è certo entusiasmante: la quota di export supera di poco le 100.000 ton, pari al 12% della produzione, per un valore di 180 milioni di euro (vedi grafico qui sotto).



Le esportazioni ortofrutticole italiane si rivelano ben più redditizie se guardiamo a prodotti come le mele (37% del totale prodotto destinato all'export, per un giro d'affari di circa 700 mln euro).



Ma l'incidenza percentualmente maggiore nell'export si rileva nel kiwi (ben l'80% della produzione italiana viene esportata, vedi tabella qui sotto); in quanto infine alle pere, la percentuale di esportazione è del 17% (quasi 120.000 ton, per un fatturato di 140 mln euro).



Dopo il quadro di mercato fornito da Marco Salvi, il presidente di Fruitimprese Sicilia, Salvo Laudani, ha indicato le opportunità di riscatto per il settore alla luce della nuova Politica agricola comune (PAC). Partendo dai punti di debolezza delle aziende agricole, con particolare riguardo alla situazione siciliana.

Una scarsa aggregazione
In Sicilia la percentuale di organizzazione tra i produttori è tra le più basse in Italia. Anche se la regione pesa per il 16% della Produzione lorda vendibile nazionale di settore.


La Sicilia ha una PLV del 16%, seguono Campania con il 14% ed Emilia-Romagna con l'11%.

Il Report della Commissione europea, diffuso nei giorni scorsi e aggiornato al 2012, ha sottolineato che il tasso medio di aggregazione nell'Unione (la percentuale di produttori aderenti a Op e Aop) era pari al 43%, a fronte di un obiettivo indicato, già nel 2007, del 60%.


Clicca qui per un ingrandimento della tabella.

E, se la media italiana è aumentata al 47%, lo si deve solo a regioni come l'Emilia-Romagna e il Trentino Alto Adige che compensano la scarsa organizzazione di numerose altre regioni, tra cui appunto la Sicilia che si ferma al 19%.

Con l'ulteriore aggravante, nell'isola, di un sistema Op del tutto anomalo: un numero elevato di Organizzazioni, cui non corrisponde un numero adeguato di produttori.


In Sicilia, le 45 Organizzazioni di produttori riconosciute raggiungono una media di 126 produttori ciascuna. Di queste, solo 7 nel 2012 hanno fatturato più di 10 milioni di euro.

Quali soluzioni
"Un sistema così frammentato - ha detto Laudani - non può essere governato, non ha massa critica per rinnovarsi e tanto meno riesce a trasferire innovazione
, o può valorizzare se stesso sui mercati". Insomma, un sistema sfilacciato non può competere, a meno che non riesca a raggiungere e sottoscrivere accordi quadro di filiera (vedi Decreto 11 Dicembre 2013) per lo sviluppo economico e produttivo del territorio, attraverso politiche integrate tra fondi comunitari, nazionali e regionali, finalizzate alla competitività e all'innovazione delle imprese, con priorità a quelle organizzate secondo logiche di reti e filiere.

"In Sicilia - ha aggiunto Laudani - le imprese competitive sono le imprese private che realizzano una buona parte del fatturato dell’ortofrutta siciliana, e stanno sui mercati a dispetto di tante difficoltà e di un contesto ambientale a volte ostile all’iniziativa privata". Queste aziende hanno realizzato al loro interno filiere funzionanti e costruito relazioni stabili, sia con i produttori che con la distribuzione.

"Solo l'aggregazione può favorire la crescita – ha puntualizzato il presidente di Fruitimprese Sicilia - Le imprese che hanno già relazioni stabili con la Grande distribuzione organizzata potrebbero essere vincolate da accordi di filiera con le organizzazioni di produttori, bisogna costituire gruppi consistenti e performanti. Invece viviamo in un sistema frammentato, dove esistono tante, forse troppe OP con pochi produttori. Se non invertiamo la rotta, gli aiuti assegnati non potranno mai oculatamente ottenere risultati competitivi".

Un ultimo accenno alle filiere di prodotto che, con l'obiettivo di concentrare l'offerta, diventeranno il vero fulcro del sistema, semplificandolo. Ma, per farlo, le imprese vincolate da accordi di filiera dovranno poter contare su un rapporto privilegiato con la pubblica amministrazione, in un contesto di gestione snella, basata su modi e tempi certi ed europei. Utopia? Certamente ultima chiamata per il sistema Italia.