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Resoconto del convegno organizzato da Besana e Vitroplant a Macfrut 2015

La crescita senza fine del mercato mondiale della frutta a guscio: ogni anno guadagna il 12% in valore

Crisi economica? Non per la frutta a guscio, che nel mondo viaggia con il vento in poppa. Cresce la produzione, ma soprattutto crescono i consumi, specie nei paesi emergenti.

In estrema sintesi, è quanto è emerso durante il Macfrut di Rimini, in occasione del convegno dedicato alla frutta secca e organizzato dal gruppo Besana, leader nel settore nella produzione e trasformazione, e dalla Vibroplant.

Durante l'appuntamento sono intervenuti esperti del settore: Pino Calcagni, patron del gruppo Besana e vicepresidente dell'INC (International Nut and Dried Fruit Council Foundation), poi ancora Eugenio Cozzolino, agronomo esperto in nocicoltura, Alessandro Roversi e Antonio Monteforte, agronomi rispettivamente del settore nocciolo e pistacchio, Luigi Catalano, di Agrimeca Grape and Fruit Council e Cecilia Contessa, dell'Università di Torino.


Pino Calcagni, patron del gruppo Besana e vicepresidente dell'International Nut and Dried Fruit Council Foundation, durante il convegno al Macfrut.

Stando ai dati forniti durante il convegno, si stima che la produzione 2015/16 di frutta a guscio arriverà a 3,68 milioni di tonnellate, il 16,5% in più di quanto venne prodotto 5 anni fa. Da notare che un po' tutti i paesi produttori concorrono a quest'aumento, ma su tutti sono le nazioni (produttrici) a medio reddito ad aver raggiunto i volumi produttivi di quelle ad alto reddito. In crescita anche la produzione nei paesi a basso reddito, dove il consumo è pressoché costante (negli anni passati c'era stata una lieve flessione).


Pino Calcagni, scatta una fotografia del presente e futuro del mercato della frutta a guscio.

Nel 2014 la fornitura di frutta a guscio si stima valesse 32 miliardi di dollari, il 19% in più del 2013 e il 135% di quanto registrato nel 2003; in media, il mercato è cresciuto in valore del 12% all'anno. Sono le mandorle a ottenere il titolo di regine della frutta a guscio: il loro mercato vale 7,6 miliardi di dollari, il 24% del totale. E tutti i mercati sono in crescita in termini di valore.


Un momento del convegno al Macfrut.

Secondo le stime, nel 2015 i maggiori produttori di frutta con il guscio saranno gli Stati Uniti, con 1,38 milioni di ton, che sono anche i maggiori consumatori al mondo (ne mangiano quasi 2 chili e mezzo a testa all'anno); segue la Turchia con 423mila ton, che è anche il terzo consumatore mondiale. Terzo gradino del podio per la Cina, che ne produrrà 227mila ton e che è anche il secondo maggiore consumatore mondiale (277mila ton). Quarto produttore mondiale è l'India, con 156mila ton, che però è solo il 12mo consumatore mondiale con 76mila ton; questo fa dell'India un grandissimo esportatore.


Eugenio Cozzolino, agronomo esperto in noce.

L'Italia è il decimo maggiore produttore mondiale (poco più di 70mila ton stimate), ma è il quinto maggiore consumatore mondiale, e il secondo europeo, dopo la Germana, con un consumo 2015 stimato in 148mila ton, circa il doppio di quanto se ne producano nella Penisola. Leggasi pertanto la necessità d'importare ingenti volumi di frutta a guscio.


Partecipazione in massa al convegno organizzato da Besana e Vibroplant.

Lo si è già accennato: la produzione è aumentata anche per far fronte a una domanda sempre maggiore. Nell'ultima decade il consumo di frutta a guscio è cresciuta del 53%, con le nazioni a medio reddito (reddito annuo tra i mille e i 12mila dollari pro capite) che hanno raddoppiato i loro consumi, raggiungendo i 1,2 milioni di tonnellate. Parliamo di nazioni come Brasile, Cina, India, Messico, Sud Africa, Turchia. Le nazioni ad alto reddito hanno invece aumentato i consumi del 39% in 10 anni, arrivando a quota 2,1 milioni di tonnellate.


Luigi Catalano, di Agrimeca, durante il convegno.

Se produzione e consumo tanto di mandorle, anacardi e pistacchi sono in crescita, emblematico è il caso delle nocciole; anche in questo caso domanda e offerta risultano in aumento, ma qui più che negli altri settori della frutta a guscio spicca la controtendenza italiana.

Dal 1994 al 2012 - dati FAO 2014 citati durante il convegno – la coltivazione frutticola ad albero nel mondo è cresciuta, in estensione, del 16,6%, a fronte di un calo delle superfici coltivate a melo, la maggiore produzione frutticola mondiale; e l'aumento complessivo lo si deve anche alla crescita della coltivazione della noce. Dal 1995 al 2012, solo il susino ha guadagnato nel mondo più terra della noce.


Un momento del convegno.

Al pari degli ettari è aumentato - fonte USDA (Dipartimento di Stato per l'Agricoltura degli Stati Uniti) - anche il volume della produzione di noci, passando dalle 800mila tonnellate del 2004/05 al quasi 1 milione e 600mila tonnellate del 2013/14. Stesso dicasi per i prezzi al chilo: in crescita dal 2004/05 si è avuto un picco in alto nel 2008/09 a quota 4,60 dollari al chilo, per poi registrare nella stagione immediatamente successiva un crollo a 2,80 dollari/kg. Da allora i prezzi all'ingrosso sono sopra i 4 euro al chilo.

Sempre secondo i dati FAO del 2014 citati, gli ettari coltivati a noci in praticamente tutti i maggiori produttori mondiali sono sostanzialmente costanti o in leggera crescita; l'eccezione costituita dalla Cina, storicamente maggiore produttore mondiale, dove le superfici coltivate sono cresciute gradualmente fino al 2006, per poi avere un'esplosione tale che in 6 anni gli ettari così coltivati sono quasi triplicati: nel 2012 erano 425mila.


Eugenio Cozzolino durante il focus sulla produzione mondiale di noci.

Anche i consumi di noci sono aumentati. Del 70% dal 2005 al 2013 a livello globale; ma il dato interessante viene entrando più nel dettaglio del numero, perché nello stesso periodo il consumo di noci è cresciuto del 125% nel Medio Oriente e del 19% in Europa e in America del Nord.

In Italia invece la nocicoltura è in contrazione, passando dalle più di 80mila tonnellate prodotte nei primi anni '70 alle 11mila del 2012. Dal 1995 al 2011 la coltivazione di noci e nocciole italiane è arretrata al ritmo medio rispettivamente di 100 e 125 ettari all'anno.