All'inizio, la produzione di verdure "in fabbrica" ha incontrato resistenze da parte dei consumatori, soprattutto i più anziani. Ora, sempre più persone le scelgono, anche per sfuggire ai bruschi cambiamenti di prezzo in Giappone, dove il clima soggetto a fenomeni come i tifoni rendono le colture oscillanti. Ad esempio, a dicembre del 2017 il costo dell'insalata è salito del 70,5%, dopo un aumento dell'8% solo il mese prima. Per converso, il prezzo dell'insalata coltivata in fabbrica è rimasto invariato a 200 yen (1,5 euro) per 80 grammi.
La coltura in fabbrica ha l'appoggio del governo: essa attira attività industriali, comprese le nuove tecnologie che ne padroneggiano il "know-how". La Panasonic gestisce una fabbrica di verdure nella città nord-orientale di Fukushima, nella prospettiva che "il fabbisogno globale di cibo raddoppierà nel 2020, rispetto al 2009".
Secondo il ministero giapponese dell'Agricoltura, oggi ci sono quasi 200 siti di produzione di questo tipo in Giappone, il triplo rispetto al 2011 e il numero più alto in tutta l'Asia.